L’ayurveda è una disciplina Orientale molto antica, risale a 5000 anni. Noi la conosciamo per la divulgazione di alcune metodiche come lo yoga e scuole spirituali indiane. In realtà, l’ayurveda, ha catturato l’attenzione di medici occidentali che hanno compreso come i trattamenti intervengono su disturbi generali o specifici.
Tra il 2000 e il 1500 a.C. furono trovati testi ayurvedici, il trattato più importante si chiama Charaka Samhita. In questi testi si evince come il re fosse l’unico a godere della medicina indiana perché la sua salute equivaleva alla salute dello Stato. Il medico doveva proteggere la famiglia reale da avvelenamenti, assicurare la fertilità della coppia e tutto ciò che offriva uno sviluppo fisico e psichico sano.
Il primo contatto con le due culture, Orientale e Occidentale, ci fu con Alessandro Magno nel 326 a.c. il quale decretò che la medicina indiana doveva essere l’unica a curare casi di avvelenamento. Questo fu il primo segno di vicinanza con l’ayurveda che iniziò a valorizzarsi con altri testi, aperture di università e commercializzazione in tutta Europa di spezie indiane.
Oggi l’Ayurveda è una delle sei scienze mediche praticate in India e ufficialmente riconosciute dal governo; le altre sono l’allopatia, l’omeopatia, la Naturopatia, la unani, la siddha e lo yoga.
I medici ayurvedici, durante la preparazione di medicamenti contro ogni forma di malattia, erano soliti recitare alcuni inni. Questo è un inno che ha per oggetto la salute del corpo.
INNO DEDICATO ALLA CURA DELLE MALATTIE
Possa io avere respiro nelle narici, voce in bocca, vista agli occhi, capelli che non imbiancano, udito nelle orecchie denti che non si scolorano e molta forza nelle braccia. Possa io avere potenza nelle cosce, velocità nelle gambe, saldezza nei piedi. Possa il mio corpo restare sano e la mia anima libera.
Sono stati trovati diversi libri circa le cure mediche: il libro Rig-Vega era dedicato alle erbe medicinali, mentre resta come opera monumentale il Charaka Samhita con 120 capitoli divisi in 8 sezioni:
1) Sutra Sthana. 30 capitoli relativi all’origine dell’ayurveda.
2) Nidana. 8 capitoli sulle cause e i sintomi delle malattie.
3) Vimana. 8 capitoli con argomenti vari.
4) Sharira. 8 capitoli riguardanti l’anatomia, l’embriologia, metafisica e etica.
5) Indriya. 12 capitoli di prognosi.
6) Chikitsa. 30 capitoli di terapia.
7) Kalpa. 12 capitoli di farmacologia.
8) Siddhi. 12 capitoli sulla purificazione.
Questa suddivisione rende chiara l’immagine della disciplina ayurveda, del tutto accurata e minuziosa nei propri interventi con i pazienti. Non a caso, la formazione del medico è di particolare rilevanza. Si afferma infatti che il medico, ovvero l’unica persona che abbia ottenuto l’approvazione, è colui che può esercitare la professione, è colui che sa.
Mai affidarsi ad un ciarlatano che solo per aver guarito un ammalato, adotta la stessa terapia per chiunque.
Quindi Ayurveda è intesa come scienza della vita che riguarda tutti gli esseri viventi e l’intero Cosmo.
Un’espressione tipica è: satyam, rtam, brhat cioè vero, armonioso e immenso. La realtà è vera, si autoprotegge, quindi è armoniosa e pervade ogni cosa, inoltre si estende oltre i limiti d’immaginazione quindi è immensa.
Così, l’uomo non può essere separato dalla terra e non può non interagire con l’ambiente che lo circonda.
Il pensiero indiano è geniale per la sua dualità che viene, ovviamente, riversata sulla personalità di ogni individuo. Tutto non è solo bianco o nero, ma bianco e nero, con le proprie sfumature.
Le persone sono severe e gentili, serie e scherzose, riflessive ed estroverse. Il pensiero indiano è flessibile e capace di adattarsi al paradosso. Ogni individuo possiede tre attributi (guna): sattva (equilibrio), rajas (attività) e tamas (inerzia). L’inerzia è l’inconscio che produce energia potenziale e che a sua volta compone l’universo con i 5 elementi: etere, aria, fuoco, acqua e terra.
L’essere conscio è l’equilibrio perché percepisce e maneggia l’energia attraverso i 10 sensi: 5 della percezione e 5 dell’azione.
Per conoscere il corpo, è necessario innanzitutto conoscere i cinque grandi elementi: terra,acqua, fuoco,aria,etere. Charaka, medico ayurvedico, afferma che, nell’uomo, la terra è rappresentata dalla compattezza, l’acqua dall’umidità, il fuoco dal calore, l’aria dal respiro vitale, l’etere dagli spazi e dal Sé. Per comprendere meglio la funzione di questi elementi, Charaka offre un esempio ispirandosi al mondo vegetale: la carota. La terra offre la sostanza per la formazione della carota, l’acqua rende il frutto compatto, il fuoco offre la maturazione, l’aria permette la crescita e l’etere permette di esprimersi e svilupparsi.
L’elemento terra è in stretta correlazione con la mente perché può infondere fermezza o stabilità, oppure renderla ottusa a seconda della capacità dell’individuo di utilizzare la proprietà intrinseca. L’acqua può rendere la persona succosa o appiccicosa, il fuoco può infondere acutezza per far del bene o per manovrare tutto per un effimero vantaggio, l’aria è il vigore o la stanchezza, l’etere può illuminare o deprimere; tutto questo a seconda delle condizioni del singolo individuo. Per questo motivo, la disciplina ayurveda è geniale per la sua dualità.
Lo scopo dell’ayurveda è riconoscere ciò che è bene e ciò che è male per il proprio Sé e questo riconoscimento permette di perfezionare le scelte con cognizione di causa.
Tutto ciò che viene introdotto nel nostro organismo deve essere trasformato per essere utilizzato, anche i pensieri. Ogni volta che non si ha la capacità di digerire qualcosa o non si ha la capacità di assimilare un’esperienza, l’organismo tende ad ammalarsi.
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